Chi di voi, ad #autunno incipiente o inoltrato, non si è mai imbattuto nei #profumi di scoppiettanti #caldarroste che troneggiavano per le #strade? Chi non si è stupito nell’apprendere che la castagna, apparentemente così liscia, lucente e indifesa, in passato sia stata trincerata da una “corazza” con tanto di spine?

La #castagna deve il suo nome al greco kàstanon – termine che ci ricorda un colore – e, dal punto di vista nutrizionale, è simile ad alcuni cereali come il frumento e il riso. E’ utile ricordare che le castagne sono ben differenti dai #marroni: questi ultimi, infatti, hanno dimensioni maggiori e sono più saporiti.

Se osserviamo attentamente una castagna ci accorgiamo che alla base è presente una tacchetta, una sorta di “cicatrice” che si chiama ilo, mentre all’apice vi è un ciuffettino che altro non è che ciò che resta degli stili dei fiori da cui la castagna si è originata.

Questo frutto – che ai più non appare come i frutti cui siamo abituati a dare tale appellativo – è prodotto dalla pianta del Castagno o meglio – per scomodare la nomenclatura binomiale di cui si è già ampiamente parlato (cfr. “Piante e animali non sono così differenti tra loro?”) – da Castanea sativa Miller.

Quest’ultima è una pianta longeva (cfr. “Voglia di coccolare… gli alberi”) ed è sorprendente scoprire che i Castagni che oggi sono presenti in natura possiedono dei fiori con del polline che addirittura è estremamente simile ai pollini fossili del Cretaceo superiore!

Il #Castagno, inoltre, è una delle componenti dei boschi di latifoglie delle regioni temperate, come la nostra.

Per tale motivo, mentre si fa una passeggiata un passo dietro l’altro, tra il fruscio delle foglie più tenaci che, nonostante la stagione autunnale, restano ancora attaccate avidamente ai rami degli alberi e tra il crepitio di quelle che calpestiamo, ormai arresesi alla stagione e cadute per terra, ci si può facilmente imbattere in alberi di castagne e in quelli che noi comunemente chiamiamo “ricci”.

Per la #Botanica, il Castagno è una Angiosperma Dicotiledone appartenente all’Ordine Fagales e alla Famiglia delle Fagaceae, che comprende piante legnose non solo ricche dei più noti tannini –– ma anche di proantocianine, di acido ellagico e di acido gallico.

La “corazza” precedentemente accennata, in realtà, non è altro che una espansione del ricettacolo, la “cupula” – che siamo soliti chiamare con il più simpatico “riccio” – avvolge in toto il frutto che è un achenio e che, com’è noto, è edulo.

Ad alcuni di voi il #riccio delle castagne ricorderà il riccio di #mareParacentrotus lividus – ad altri, il Mammifero Erinaceus europaeus Linnaeus, ad altri ancora entrambi.

Perché il riccio che avvolge le castagne e che ora sappiamo chiamarsi cupula è così “aggressivo”, sfoggiando spine?

Di fatto, esso è una vera e propria fortezza che sigilla la castagna fino alla sua piena maturazione, che avverrà quando il pericarpo, ossia la buccia, di colore bruno scuro, diventerà coriaceo e spesso. La spiegazione è molto semplice: così come noi proteggiamo qualcosa che consideriamo preziosa, anche la Natura si comporta alla stessa maniera nei confronti di ciò che più reputa prezioso.

E in che modo? Tirando fuori le… spine!

Con tali accorgimenti la castagna viene messa al riparo dalle intemperie, incastonata nel suo riccio, che può contenere anche più castagne in contemporanea!

Può darsi che d’ora in poi, ogniqualvolta qualcuno di voi parlerà del colore dei propri capelli indicandoli come “castani” abbozzerà un sorriso ricordando l’etimologia di “castagna” e, perché no, magari evocherà i profumi e i sapori di questo appetitoso frutto bruno.

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