Incendi in Amazzonia ed è preoccupazione per le specie endemiche animali e vegetali che vi abitano.
Poco tempo prima è toccato alla Siberia.
Senza scomodare tanto la geografia estera, purtroppo anche il nostro territorio non è immune a catastrofi inerenti a boschi. Tristi fatti di cronaca hanno, purtroppo, portato sotto i riflettori interi paesi sommersi da frane o migliaia di ettari boschivi spazzati via da raffiche violente di vento: basti pensare alla tempesta di scirocco che nel mese di ottobre 2018 distrusse migliaia di ettari boschivi nel Nordest.
Anche la Sicilia, purtroppo, non è immune a catastrofi del genere: incendi specie nel periodo estivo – e.g. il grande incendio che quest’estate ha devastato i lidi Playa, a Catania – con le catastrofiche conseguenze sull’ecosistema che tutti voi potete facilmente immaginare, primo fra tutti lo spettro della desertificazione.
E già, perché gli alberi rappresentano un importante snodo per l’ambiente e per la vita stessa. Ogni cosa in natura è intimamente interconnessa, dal minuscolo granellino di sabbia alla più antica sequoia, all’orca.
Da piccola a scuola mi hanno insegnato che “gli alberi sono il polmone della Terra perché forniscono ossigeno e, grazie alle loro radici mediante le quali trattengono il terreno, ci proteggono dalle frane e dagli smottamenti”: con queste semplici frasi le maestre avevano riassunto una delle pietre angolari dell’equilibrio in natura. Non a caso sono stati scelti alcuni alberi come simbolo delle nostre regioni italiane: ne è da esempio il nostrano abete delle Madonie (per chi volesse approfondire visiti il Portale della Flora d’Italia).
E’, dunque, importante prendere coscienza dell’importanza cruciale della flora e della fauna per la sopravvivenza stessa del nostro pianeta. Chi di voi non è mai rimasto esterrefatto dalla magnifica possenza di un albero millenario che si ergeva davanti ai vostri occhi?!
Nel territorio del comune di Sant’Alfio, in provincia di Catania, si innalza il Castagno dei Cento Cavalli, appartenente al Parco dell’Etna, inserito nel 1982 nel patrimonio italiano dei monumenti verdi dal Corpo Forestale dello Stato e dichiarato dall’UNESCO “Monumento Messaggero di pace” nel 2006.
Da dove nasce questo nome particolare? Perché “dei Cento Cavalli”?
Secondo un’antica leggenda, una regina e i suoi cento cavalieri si ripararono sotto l’albero in questione mentre furono improvvisamente colti da un temporale.
E’ innegabile che davanti a una pianta del genere venga voglia di abbracciarlo e di lasciarsi quasi “fondere” con la sua corteccia, diventando parte integrante della sua linfa, in una “metamorfosi dannunziana” de “La Pioggia nel Pineto”.
D’altra parte, sono ormai arcinoti i numerosi benefici psicofisici che abbracciare un albero comporta: non a caso, la Silvoterapia, ossia l’eco-terapia secondo cui abbracciare un albero aiuti a trovare equilibrio e benessere fisico e mentale, è in via di diffusione e la Scienza ne dà conferma.
Non a caso sono sorti differenti progetti volti a proteggere la flora boschiva, tra cui il progetto Microcosmo che si prefigge di riuscire a coltivare alberi “in casa” e il cui responsabile è il ricercatore Luigi D’Aquino dell’ENEA.
L’Unione Europea, inoltre, si è mostrata molto sensibile sulla tematica finanziando il progetto FreshLife, guidato da Giorgio Chirici, direttore del laboratorio Geolab di Geomatica Forestale della Facoltà di Agraria di Firenze: tale progetto riguarda l’uso di tecnologici droni per scattare foto di alberi e fornire indicazioni dettagliate, dall’età alla quantità di anidride carbonica assorbita, all’eventuale aggressione da parte di parassiti, in modo da poter intervenire tempestivamente per preservarne lo stato di salute.
Visti i molteplici vantaggi che gli alberi comportano è necessario averne cura, partendo proprio dai più piccoli, mediante progetti scolastici mirati alla sensibilizzazione della salvaguardia dell’ambiente, facendo leva sullo sviluppo sostenibile.
E’ dalle basi che bisogna partire per formare gli adulti e, per esteso, la società di domani, dove ciascuno di noi si dovrà sentire responsabile e custode dell’Ambiente.
Solo quando ogni essere umano si percepirà come principale attore chiamato in causa per proteggere l’ambiente, come “cittadino responsabile del pianeta” – e non come soggetto che il più delle volte lo deturpa – si potrà parlare davvero di civiltà.